DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA
di Miguel de Cervantes
genere : romanzo
data: 1605 / 1615
paese: Spagna
Miguel de Cervantes può vantare una vita più che avventurosa: combatté nella “invicibile armata” tutte le maggiori battaglie della sua epoca, tra cui la vittoria navale di Lepanto nel 1571. Qui rimase ferito al petto e alla mano (di cui perse l’uso). Nel 1575 fu rapito dai pirati turchi e venduto come schiavo ad Algeri. Nei cinque anni di prigionia tenta la fuga numerose volte, sempre con esisti fallimentari. Viene riscattato da un amico e, rientrato in Spagna, cerca di ricostruirsi una vita agiata con il matrimonio e alcuni lavori saltuari nel ministero delle Finanze come esattore delle imposte e rifornitore di viveri per l’esercito. Il fallimento dei suoi fornitori (in realtà dei malviventi) trascinò Cervantes in carcere a Siviglia. Siamo nel 1602 e qui, probabilmente, inizia a concepire un lavoro molto diverso da quelli scritti, con modesta fortuna, fino a quel momento.
Di cosa si tratta? Il racconto di un cavaliere “fuori tempo massimo”; un racconto molto lungo scritto seguendo l’istinto; ovvero improvvisando la storia senza aver pensato prima all’intera struttura.
Il Don Chisciotte
Il protagonista è un hidalgo spagnolo (signore di campagna) Alonso Quijano annoiato per la monotona vita di nobile decaduto e morbosamente appassionato di romanzi cavallereschi. Talmente appassionato che un giorno decide di cambiar vita: cambia nome in DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA, indossa quello che trova tra ai cimeli di famiglia (spada, armatura, lancia), monta sul cavallo nominato ronzinante e parte come cavaliere errante alla ricerca di avventure. La sera si ferma in una locanda dove un oste burlone sta al gioco e lo “arma” cavaliere, consigliandogli di prendersi, come tutti i cavalieri, uno scudiero fidato.
Dopo alcune peripezie torna a casa e completa la figura del cavaliere: propone al contadino Sancio Panza di accompagnarlo in cambio di un governatorato e si “crea” una donna amata a cui dedicare le nobili imprese. Questa donna ideale (“la più bella del mondo”) sarà Dulcinea di Toboso, in realtà una contadina di un paese vicino immaginata principessa.
Convinto che il mondo avesse bisogno di lui, Don Chisciotte parte per la sua missione. Tutta la prima parte del romanzo si svolge sulla linea narrativa di Don Chisciotte che, incapace di vedere la realtà, si caccia in guai sempre più grandi e sempre più dolorosi e del fidato Sancio che cerca in tutti i modi di convincerlo a desistere riferendogli il più possibile cosa realmente si trova di fronte.
L’episodio dei mulini a vento scambiati per giganti o del gregge di pecore scambiato per esercito nemico sono solo due dei numerosissimi episodi narrati da Cervantes.
La prima parte si chiude con il rientro a casa di Chisciotte grazie ad un espediente di Sancio in accordo col prete e con il barbiere.
Qui è curato dalla governante, mentre i suoi “salvatori” gli bruciano i libri causa della follia.
Ma ormai è tardi.
Chisciotte convince Sancio e riparte in direzione di Toboso. Nuove disavventure attendono i due, ma con una novità. Un giovane amico di Don Chisciotte si finge cavaliere con la speranza di indurlo a rientrare a casa. Ci riuscirà, ed è il finale del libro, sconfiggendolo a duello e costringendolo a consegnarsi nelle mani del vincitore. Tornato a casa deluso e umiliato si ammala: è triste e poco prima di morire confesserà a Sancio di aver riacquistato il senno.
Per la sua sepoltura furono composti molti epitaffi tra cui quello di Sansone Carrasco, il giovane che l’aveva sconfitto in duello:
Giace qui l’hidalgo forte
Che i più forti superò
E che pure nella morte
La sua vita trionfò.
Fu del mondo, ad ogni tratto,
lo spavento e la paura;
fu per lui la gran ventura
morir savio e viver matto.
Interpretazione del Don Chisciotte
“…altro non è stato il mio intento che quello di far odiare dagli uomini le bugiarde e assurde storie dei libri di cavalleria….”
Miguel de Cervantes ( Don Chisciotte della Mancia, Einaudi, p.1185).
Una delle interpretazioni più convincenti del Don Chisciotte coglie una precisa volontà denigratoria di Cervantes contro il romanzo cavalleresco e, più in generale, contro il “veleno” del suo tempo. “Questo veleno – scrive il critico e traduttore Vittorio Bodini – è l’evasione dalla realtà, la diminuzione di valore accordata alla verità della vita, per comprarsi con quel falso risparmio la droga dell’evasione.” Poche righe dopo Bodini aggiunge: “forse nessuna età può capire meglio della nostra questo bisogno di vivere di avventure riflesse, tolte a prestito a un mondo di fantasmi che abbia il meno possibile di rapporti col proprio mondo.” (V.Bodini, Introduzione, in “Don Chisciotte, op.cit.).
Altri hanno individuato nell’anelito utopistico di Don Chisciotte, nella ostinata lotta del sogno contro la grigia realtà, il messaggio fondamentale del romanzo. Altri ancora hanno ipotizzato un intento sarcastico verso il genere cavalleresco e la cavalleria in generale.
Ma sono letture meno convincenti.
di Miguel de Cervantes
genere : romanzo
data: 1605 / 1615
paese: Spagna
Miguel de Cervantes può vantare una vita più che avventurosa: combatté nella “invicibile armata” tutte le maggiori battaglie della sua epoca, tra cui la vittoria navale di Lepanto nel 1571. Qui rimase ferito al petto e alla mano (di cui perse l’uso). Nel 1575 fu rapito dai pirati turchi e venduto come schiavo ad Algeri. Nei cinque anni di prigionia tenta la fuga numerose volte, sempre con esisti fallimentari. Viene riscattato da un amico e, rientrato in Spagna, cerca di ricostruirsi una vita agiata con il matrimonio e alcuni lavori saltuari nel ministero delle Finanze come esattore delle imposte e rifornitore di viveri per l’esercito. Il fallimento dei suoi fornitori (in realtà dei malviventi) trascinò Cervantes in carcere a Siviglia. Siamo nel 1602 e qui, probabilmente, inizia a concepire un lavoro molto diverso da quelli scritti, con modesta fortuna, fino a quel momento.
Di cosa si tratta? Il racconto di un cavaliere “fuori tempo massimo”; un racconto molto lungo scritto seguendo l’istinto; ovvero improvvisando la storia senza aver pensato prima all’intera struttura.
Il Don Chisciotte
Il protagonista è un hidalgo spagnolo (signore di campagna) Alonso Quijano annoiato per la monotona vita di nobile decaduto e morbosamente appassionato di romanzi cavallereschi. Talmente appassionato che un giorno decide di cambiar vita: cambia nome in DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA, indossa quello che trova tra ai cimeli di famiglia (spada, armatura, lancia), monta sul cavallo nominato ronzinante e parte come cavaliere errante alla ricerca di avventure. La sera si ferma in una locanda dove un oste burlone sta al gioco e lo “arma” cavaliere, consigliandogli di prendersi, come tutti i cavalieri, uno scudiero fidato.
Dopo alcune peripezie torna a casa e completa la figura del cavaliere: propone al contadino Sancio Panza di accompagnarlo in cambio di un governatorato e si “crea” una donna amata a cui dedicare le nobili imprese. Questa donna ideale (“la più bella del mondo”) sarà Dulcinea di Toboso, in realtà una contadina di un paese vicino immaginata principessa.
Convinto che il mondo avesse bisogno di lui, Don Chisciotte parte per la sua missione. Tutta la prima parte del romanzo si svolge sulla linea narrativa di Don Chisciotte che, incapace di vedere la realtà, si caccia in guai sempre più grandi e sempre più dolorosi e del fidato Sancio che cerca in tutti i modi di convincerlo a desistere riferendogli il più possibile cosa realmente si trova di fronte.
L’episodio dei mulini a vento scambiati per giganti o del gregge di pecore scambiato per esercito nemico sono solo due dei numerosissimi episodi narrati da Cervantes.
La prima parte si chiude con il rientro a casa di Chisciotte grazie ad un espediente di Sancio in accordo col prete e con il barbiere.
Qui è curato dalla governante, mentre i suoi “salvatori” gli bruciano i libri causa della follia.
Ma ormai è tardi.
Chisciotte convince Sancio e riparte in direzione di Toboso. Nuove disavventure attendono i due, ma con una novità. Un giovane amico di Don Chisciotte si finge cavaliere con la speranza di indurlo a rientrare a casa. Ci riuscirà, ed è il finale del libro, sconfiggendolo a duello e costringendolo a consegnarsi nelle mani del vincitore. Tornato a casa deluso e umiliato si ammala: è triste e poco prima di morire confesserà a Sancio di aver riacquistato il senno.
Per la sua sepoltura furono composti molti epitaffi tra cui quello di Sansone Carrasco, il giovane che l’aveva sconfitto in duello:
Giace qui l’hidalgo forte
Che i più forti superò
E che pure nella morte
La sua vita trionfò.
Fu del mondo, ad ogni tratto,
lo spavento e la paura;
fu per lui la gran ventura
morir savio e viver matto.
Interpretazione del Don Chisciotte
“…altro non è stato il mio intento che quello di far odiare dagli uomini le bugiarde e assurde storie dei libri di cavalleria….”
Miguel de Cervantes ( Don Chisciotte della Mancia, Einaudi, p.1185).
Una delle interpretazioni più convincenti del Don Chisciotte coglie una precisa volontà denigratoria di Cervantes contro il romanzo cavalleresco e, più in generale, contro il “veleno” del suo tempo. “Questo veleno – scrive il critico e traduttore Vittorio Bodini – è l’evasione dalla realtà, la diminuzione di valore accordata alla verità della vita, per comprarsi con quel falso risparmio la droga dell’evasione.” Poche righe dopo Bodini aggiunge: “forse nessuna età può capire meglio della nostra questo bisogno di vivere di avventure riflesse, tolte a prestito a un mondo di fantasmi che abbia il meno possibile di rapporti col proprio mondo.” (V.Bodini, Introduzione, in “Don Chisciotte, op.cit.).
Altri hanno individuato nell’anelito utopistico di Don Chisciotte, nella ostinata lotta del sogno contro la grigia realtà, il messaggio fondamentale del romanzo. Altri ancora hanno ipotizzato un intento sarcastico verso il genere cavalleresco e la cavalleria in generale.
Ma sono letture meno convincenti.
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