lunedì 7 aprile 2008

La Rivoluzione russa

In assoluta contraddizione con le ipotesi di Marx la presa del potere riuscì nei paesi meno industrializzati: la Russia e, nel dopoguerra, la Cina. Le condizioni della Russia zarista nel 1917 parlano chiaro: 150 milioni su 188 sono contadini, la classe operaia conta circa due milioni di lavoratori concentrati tutti a Mosca e Pietrogrado nelle grandi fabbriche statali.
Per capire le ragioni di un movimento tanto forte dobbiamo andare nella Pietrogrado (poi Leningrado e oggi San Pietroburgo) d'inizio secolo.
I lavoratori dell'industria nella capitale (Pietrogrado non Mosca) venivano nella quasi totalità dalla campagna: vivevano in case sovraffollate, privati delle più elementari norme di igiene e di intimità, immersi in un mondo alienante con pochi bambini, pochi vecchi...Il quartiere operaio era costituito per lo più da maschi con età tra i 20 e i 40 anni in genere ex-contadini (con le famiglie lontane) e scapoli. Disponibili a fare la rivoluzione. Anche la struttura urbanistica della città spingeva verso un recrudescenza dei rapporti: da una parte del fiume c'era il quartiere di lusso, esattamente di fronte il suddetto quartiere operaio.
Vladimir Ilic Lenin
La rivoluzione d'ottobre deve la sua riuscita alla volontà di Vladimir Ilic Lenin, capo della corrente bolscevica del partito socialdemocratico, di tentare la presa del potere anche in mancanza di quelle che i marxisti ortodossi pensavano dovessero essere le condizioni indispensabili per fare la rivoluzione (maggioranza della classe operaia, implosione quasi naturale del sistema capitalista).
L'ascesa politica di Lenin avviene con la proclamazione del governo borghese e con la sconcertate scelta di proseguire la guerra. Nelle tesi di aprile – siamo già nel 1917 – Lenin dichiara di voler fare subito la rivoluzione: “le idee sono grigie, l'azione è il verde albero della vita”
In pratica il successo si spiega con una concomitanza di fattori
a) Vuoto politico della classe borghese
b) Attrattiva dello slogan di Lenin: "Pane e pace per tutti"
c) La riuscita del sistema dei Soviet
d) La forza del partito sul parlamento

"Tutto il potere ai Soviet"
I soviet sono letteralmente i Consigli di Fabbrica. Nel corso del tentativo rivoluzionario del 1905, il partito socialdemocratico russo – a dispetto del nome il più estremista dell'arco politico – ne fece una bandiera del potere dei lavoratori da contrapporre al potere costituito.
Nel febbraio 1917 è lo stesso Lenin a riproporre i Soviet come potere parallelo al potere borghese, e lo fa con la consueta forza immaginativa: lo slogan “tutto il potere ai soviet” passa in breve tempo dalle parole alla realtà.
L'adesione dei lavoratori ai soviet incrementò sempre più nei mesi di agosto, settembre e ottobre; la coesione politica del governo apparve sempre più sfilacciata e Lenin spinse fortemente per un colpo di mano.
In poche ore e con un solo morto, il Palazzo d'Inverno fu preso la mattina del 7 novembre 1917: il potere comunista iniziava la sua più lunga esperienza di governo.

Quale rivoluzione?
Martov, leader dei menscevichi pensava che non fosse il momento di fare la rivoluzione, per tutta una serie di motivi, non ultimo l'isolamento e l'ostilità internazionale. Lenin e i bolscevichi invece erano convintissimi che la rottura “dell'anello debole” dell'imperialismo (la Russia) avrebbe portato altri paesi sconfitti – in primis la Germania – a seguire l'esempio rivoluzionario.
Non andò così e quasi tutti gli auspici della rivoluzione andarono perduti dopo solo 4 anni:
a) I soviet vengono esautorati
Tra i due poteri concorrenziali – partito e soviet – dopo la presa del potere ha predominanza il primo. Anzi in misura ancora più ristretta il solo Comitato Centrale del Partito Comunista. Nel corso della guerra civile, scatenatasi in terra di Russia tra il 1918 e il 1920, l'emergenza implica un accentramento di poteri che non sarà più revocato. Di grande esemplarità è l'episodio di Kronstad.
La base militare di Kronstad rappresentava una delle roccaforti della rivoluzione, con un soviet di marinai fortissimo. Finita la guerra civile loro chiedono con grande insistenza il ritorno alla “democrazia del proletariato” con il ripristino dei soviet. Nella primavera del 1921 invece la loro protesta diventa sommossa, e la sommossa una repressione sanguinosa.
b) Dittatura del Comitato Centrale all'interno del PCUS
Anche in questo caso il 1921 è la data cruciale. Il gruppo dirigente, con Lenin e Trockji in prima linea, impone il divieto di discussione all'interno del partito. E' importante notare l'atteggiamento sacrale che i due capi della rivoluzione russa hanno nei confronti del partito: essi pensano a una partito “anima” della rivoluzione, depositario di tutta la giustizia e accentratore di tutte le virtù. Inoltre Lenin non aveva alcuna predisposizione verso il pluralismo, mette fuorilegge gli altri partiti, anche i socialisti, e non risparmia accuse di tradimento a chi non la pensa come lui.
I soviet vengono esautorati quando i bolscevichi perdono la maggioranza; era solo un utilizzo strumentale della democrazia diretta, lui crede veramente solo nel partito.

Opinioni
La dimensione del fallimento della rivoluzione comunista, nei valori non nel potere che invece si è consolidato, è stata interpretata in maniera diversa dalla storiografia:
1 - "Leninisti"
Sono autori di grande fama, come l'inglese E.H. Carr e il tedesco Isaac Deutscher. La loro posizione si può riassumere nell'affermazione che:
"le idee sono giuste, le intenzioni pure, ma mancavano le condizioni: ci hanno provato ma era impossibile"
Le condizioni, obbiettivamente durissime, sono giudicate la causa vera del tradimento dei principi rivoluzionari. In particolare l'ostilità internazionale, culminata nella guerra civile e nel lungo isolamento economico, impedirono lo sviluppo di forme più democratiche del socialismo.
2 - "Anticomunisti"
Rappresentati da storici statunitensi Adam B.Ulam e Isaac Shapiro, questa corrente imputa alla formazione culturale di Lenin e degli altri dirigenti bolscevichi il risultato antidemocratico della rivoluzione. Definiti "un gruppo di avventurieri", i bolscevichi sono considerati una nuova élite che si è sostituita a quella precedente nello sfruttamento della popolazione.
3 - Combinazione di ragioni oggettive e soggettive
Come sintesi di condizioni difficili e carenze ideologiche, sul versante di democrazia e diritti umani, è illuminante la descrizione fatta da molti rivoluzionari "traditi" dall'atteggiamento del PCUS al termine del conflitto. In particolare "Memorie di un rivoluzionario" di Victor Serge.

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