giovedì 14 novembre 2013
Il Decameron
Il Decameron (dieci giornate. 10 novelle x 10 giorni = 100 novelle)
Nel 1349 esce un “instant book” di grande successo.
Il titolo è DECAMERON e narra le vicende di dieci giovani (7 femmine e 3 maschi) che per sfuggire alla peste che ha colpito la (ricchissima) città di Firenze se ne vanno in una villa (sembra fosse Palazzo Gherardo a Settignano) fuori città. Durante il soggiorno decidono di raccontare una novella ciascuno ogni giorno. In tutto saranno dieci giorni di racconti quindi cento novelle.
NON E’ UNA SEMPLICE RACCOLTA DI NOVELLE. C’è la storia, e le novelle sono micro-storie in una storia più grande. I dieci non sono soli. Esponenti di famiglie aristocratiche o alto-borghesi hanno un personale di servizio con loro. Inoltre va detto che il soggiorno dura due settimane. Ma il fine settimana non si racconta novelle: il venerdì era dedicato alle preghiere, mentre il sabato serviva alle donne per pettinarsi / estetica.
Abbiamo detto che è un instant book sulla peste. Le conseguenze della sconvolgente epidemia che colpì Firenze nel 1348 è l’elemento fondamentale dell’opera. Nella Prima giornata, oltre alla presentazione dei protagonisti c’è una descrizione quasi scientifica – psicologica della devastazione causata dalla peste. È una analisi clinica: come si manifesta, cosa comporta, quanto ci mette a uccidere:
“si fa colazione con i parenti e si cena con gli avi” …. In tre giorni inizia e finisce!
Ma quello che conta di più è l’analisi sociale: la peste ha distrutto la solidarietà di vicinato e di famiglia. I malati – ci dice Boccaccio – non sono aiutati dai cari, ma allontanati. I delinquenti girano indisturbati per la città. PS A Firenze c’è una sensazione di “fine del mondo”: dopo l’alluvione terribile del 1333 che portò via il Ponte Vecchio, ci fu la crisi finanziaria all’inizio degli anni ‘40(analogie incredibili con quella attuale) con il fallimento di tutte le banche fiorentine; infine nel 1348 arrivò l’epidemia di peste che causò la morte di metà popolazione in un anno. Molti lasciarono la città, epicentro dell’epidemia.
Una distruzione che comportò la distruzione dell’immaginario mentale dei medioevali:
FAMIGLIA – distrutta dalla paura e dall’egoismo
LEGGE – negata dall’assenza di giudici e polizia
RELIGIONE – negata dall’assenza del lutto. Ai funerali la gente sghignazzava contenta di essere sopravvissuta un giorno in più.
Il Decameron è la storia – raccontata attraverso cento novelle – di un “percorso salvifico” laico: cioè una ricostruzione morale e culturale necessaria dopo la distruzione del “mondo” fino ad allora conosciuto. La peste è dunque l’elemento che, pur non comparendo mai direttamente, determina il senso di tutto il racconto. La distruzione di valori che ha comportato legittima un percorso – che non è mistico come quello di Dante – tutto interno alla dimensione umana. Quello che ne uscirà sarà proprio l’etica in via di affermazione che troverà nell’umanesimo e nel rinascimento le sue espressioni più alte.
LA STORIA
Sette belle ragazze si ritrovano a messa in Santa Maria Novella e una di loro – Pampinea - propone di ritirarsi in un luogo più accogliente e sicuro. Per convincerle descrive la peste (lo aveva già fatto Boccaccio nell’introduzione) in modo molto macabro, deve colpire l’emozione.
Ok, ma ci vogliono degli uomini dice Filomena. Noi donne siamo volubili, capricciose, litigiose, pignole… senza uomini non sappiamo fare niente. (La dedica del libro è per le donne, curioso che una donna faccia l’elenco dei difetti). Quindi chiedono a tre amici che accettano immediatamente. Partono, ognuno con il proprio servo.
Pampinea
Filomena
Fiammetta
Emilia
Lauretta
Elissa
Neifile
+ Panfilo, Dioneo, Filostrato.
Arrivati alla villa si danno delle regole: nelle ore calde si raccontano novelle. Una ognuno ogni giorno. Con un re o una regina a decidere l’argomento. Sono presentate (conosciute) per essere novelle di svago; in realtà spiegano il mondo (nuovo) del ‘400.
> La lingua è importante, perché il volgare di Boccaccio è un misto di linguaggio colto e popolare. Le ambientazioni, davvero molto varie, comportano la necessità di introdurre vocaboli che nelle liriche “alte” e rarefatte di Dante e Pet
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