sabato 3 gennaio 2009

Come si usano le maiuscole

Le maiuscole si usano così   (solo i casi più comuni):

a inizio frase;

in presenza di un nome proprio di persona animale o cosa;

Titoli e cariche uniti al nome: il titolo con iniziale minuscola, il nome del personaggio con iniziale maiuscola: il presidente Ciampi, il ministro Tremonti, il vescovo Simonetti, l'ambasciatore Secchia, il professor Mariotti, il direttore Gandolfi...

Titoli da soli: se si parla della carica in generale, va ancora bene la minuscola: il sindaco di Roma, i generali americani, le encicliche del papa, i re di Spagna... Se invece il titolo è un modo per alludere a una persona in particolare, di solito va la maiuscola: il Primo Ministro ha rassegnato le dimissioni.

Soprannomi e nomi immaginari: appellativi di personaggi veri o nomi di personaggi immaginari si scrivono con iniziale maiuscola: il Re Sole, il Papa Buono, Arlecchino, lo Zio Sam, Babbo Natale eccetera.

Nomi di popolazioni: se sono sostantivi, cioè da soli, serve la maiuscola: i Celti, i Cinesi...Se invece la parola fa da aggettivo, si lascia tutto minuscolo: il popolo italiano, i cuochi francesi, il governo tedesco. Se parliamo di semplice appartenenza geografica o politica, vanno ancora bene le minuscole: i napoletani, gli scandinavi, gli asiatici...

Lo Stato: le denominazioni di uno stato e dei suoi enti vanno in maiuscolo: lo Stato, la Nazione, il Paese, la Repubblica Italiana, il Parlamento, la Camera dei Lord, il Bundestag, il Governo... (ma: il governo Berlusconi).

Organi governativi: le denominazioni di organi governativi, giuridici e amministrativi vanno in maiuscolo: il Consiglio dei Ministri, il Ministero della Difesa, la Procura della Repubblica, il Comune di Pesaro. Denominazioni generiche si scrivono in minuscolo: la magistratura, la polizia, il fisco, le regioni.

Partiti e movimenti politici: i nomi ufficiali dei partiti vanno in maiuscolo: Partito Democratico della Sinistra, Lega Nord eccetera. I movimenti politici si scrivono con iniziale maiuscola solo quando derivano da un nome proprio, quindi: il socialismo, il Marxismo, il nazismo, il Maccartismo.

Istituti di insegnamento: scuole, università, istituti di pubblica istruzione si scrivono con iniziali maiuscole. Il nome proprio dell'istituto può essere scritto tra virgolette (è più appropriato). Quindi: Istituto Superiore per le Arti e Scienze Grafiche "Aldo Manuzio"; Politecnico di Torino. Per corsi e materie di insegnamento bastano le minuscole: il corso di laurea in filologia classica, il professore di diritto romano.

Nomi geografici: il nome comune in minuscolo, il nome proprio con l'iniziale maiuscola. Esempio: il lago di Garda, il passo del Brennero. A meno che:

  • il tipo di luogo non sia entrato a far parte del nome proprio: le Bocche di Bonifacio, la Valle d'Aosta.
  • Il nome di luogo sia generico e quindi non sufficiente a identificarlo, esempio: il Mar Rosso, il Lago Maggiore, il Massiccio Centrale.

Nei nomi di luogo stranieri, la maiuscola è d'obbligo. Il Lesina, nel suo manuale di stile (vedi Libri), fa notare che non bisognerebbe ripetere in italiano la denominazione generica già compresa nel nome straniero: il Rio Grande (non: il fiume Rio Grande); la Sierra Morena (non: la catena della Sierra Morena) eccetera.

Quartieri e vie di città: i nomi di zone e quartieri urbani si scrivono con iniziale maiuscola: i Parioli, Porta Palazzo. Per i nomi di vie e piazze è opportuno ricordare che i termini via, piazza e simili si scrivono in minuscolo. Quindi: via Montenapoleone, piazza Castello, viale Europa, largo Saraceni...

Periodi storici e culturali: se di grande rilevanza, con iniziale maiuscola. Quindi: il Medioevo, il Rinascimento eccetera. Se si tratta piuttosto di movimenti e stili, va bene la minuscola: neoclassicismo, impressionismo.

Festività e nomi di mesi: le festività civili e religiose si scrivono normalmente con iniziale maiuscola: il Venticinque Aprile, la Quaresima, il Primo Maggio, il Columbus Day.
Il nomi dei mesi si possono scrivere invece normalmente in minuscolo: gennaio, febbraio, marzo...

venerdì 2 gennaio 2009

FIGURE RETORICHE

E’ il motivo principale del perché a scuola si studia tanta poesia. E’ in questa forma infatti che le parole acquistano un valore più alto del suo significato letterale. Lavorando sulle poesie si può imparare ad usare il linguaggio e a scegliere le parole più efficaci e appropriate per comunicare un pensiero, ma anche per trasmettere un’emozione, esprimere un disagio o una gioia. 

Le tecniche utilizzate, non solo in poesia, per dare un valore aggiunto alle parole si rifanno principalmente all’uso delle figure retoriche. Riuscire a interpretare correttamente questo genere di linguaggio, e cogliere pertanto il significato del testo, è il principale lavoro che viene richiesto allo studente. 

Anche se ci sono numerose tipologie di figure, è sufficiente tenere presente due categorie: quelle di "forma" (agiscano sul suono e sulla struttura dei versi) e quelle di "significato".

Figure retoriche di forma:


allitterazione: Consiste nel ripetere le stesse lettere (vocale, consonante o sillaba) all’inizio, ma anche all’interno di due o più parole successive legate dal senso.
Es. “e caddi come corpo morto cade.” (Dante, Inferno, Canto V, v 142)

Parallelismo: disposizione simmetrica, parallela, di qualsiasi elemento del discorso.
Es. “occhi verdi, capelli biondi”.

Chiasmo: disposizione incrociata degli elementi costituitivi della frase.
Es. “Quell'uno e due e tre che sempre vive / e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno” (Dante, Paradiso, C. XIV)

Anafora: ripetizione della parola all’inizio di due o più versi
S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo
s’i’ fosse vento, lo tempestarei
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei (Cecco Angiolieri)

Asinedoto: tipo di coordinazione che non prevede l’uso di congiunzioni.
“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori”( L. Ariosto, Orlando Furioso, Canto I)

Onomatopea: Consiste nell’imitare un suono, un rumore, la voce degli animali, un’azione.
« :Clof, clop, clock,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
chchch...
È giù,
nel cortile,
la povera
fontana
malata; [...] »
(La fontana malata, Aldo Palazzeschi)


Figure retoriche di significato:

Metafora: consiste nella sostituzione del significato di una parola con un’altra.
L'Amazzonia è il polmone del mondo
Voi siete il sale della terra (Vangelo secondo Matteo: 5,13)
"Anche un uomo tornava al suo nido" (Giovanni Pascoli, X Agosto)
Sergio è un leone

Metonimia: un dettaglio o un concetto sono usati per evocare un’idea o rappresentare un oggetto ad essi correlato, in base a un principio di relazione.
la causa per l'effetto (avere le guance rigate di pianto / di lacrime)
l'effetto per la causa (guadagnarsi il pane con il sudore / con la fatica)
la materia per l'oggetto (possedere molti ori / monili d'oro)
il contenente per il contenuto (bere un bicchier d'acqua / l'acqua nel bicchiere)
l'astratto per il concreto (confidare nell'amicizia / negli amici)
il concreto per l'astratto (ascoltare il proprio cuore / i sentimenti)

Sineddoche: metafora sulla quantità. Si dice la parte per il tutto, il tutto per la parte, il singolare per il plurale. Per alcuni è inclusa nella metonimia.
Una borsa di coccodrillo

Il tetto paterno

La sinestesia: tipo particolare di metafora che prevede l'accostamento di due sfere sensoriali diverse. Fu prediletta dai poeti simbolisti di fine '800, che ne fecero un largo uso, coerente alla loro visione del mondo.
a poco a poco mi ripigneva là dove 'l sol tace. (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno Canto I)
M'illumino / d'immenso. (Giuseppe Ungaretti, Mattina, tratta da Naufragi)


Similitudine: Consiste nel paragonare persone, animali, cose, sentimenti per associazione di idee; è introdotta da come, sembra, pare, è simile, somiglia, ecc…
Sergio sembra un leone
Allegoria: E' una figura retorica che nasconde un significato diverso dal suo significato letterale, di carattere simbolico e di ordine per lo più morale o filosofico.

Eufemismo: espressione utilizzata per attenuare un’espressione ritenuta troppo cruda, irriguardosa.
"questo piatto lascia a desiderare" per non dire che è ripugnante
"Tizio non è particolarmente intelligente" per non dire che è stupido
"il caro nonno non è più tra noi" per attenuare una proposizione di senso troppo crudo del tipo "il nonno è morto"