"L'uomo è la misura di tutte le cose"
Uomo vitruviano, Leonardo da Vinci, 1490 ca.
Cos’è? Corrente culturale caratterizzata da studi classici, valori umani, laici e storici
Dove? Firenze Italia Europa
Quando? XIV – XV secolo
Perché a Firenze?
La cultura fiorentina dell’epoca ha due fonti:
1) tradizione greco – romana – cristiana (letterati, giudici, notai, clero, aristocrazia)
2) tradizione vernacolare (mercanti, artigiani, popolo)
Quello che fece la differenza rispetto alle altre città – Milano, Bologna, Napoli, Padova o Venezia – fu l’OSMOSI tra le due culture.
In chimica il termine osmosi indica la diffusione del solvente attraverso una membrana semipermeabile dal compartimento a concentrazione minore di soluto verso il compartimento a concentrazione maggiore di soluto
1. l’osmosi
Il concetto è chiarito dall’analisi delle diverse componenti della società tre-quattrocentesca fiorentina
LUOGHI : mercato vecchio – piazza Signoria – quartiere. Ovunque si trova una grande eterogeneità e condivisione degli spazi di tutte le componenti sociali.
POLITICA: nella Signoria rappresentanti degli artigiani. La cittadinanza discuteva accanitamente di politica sotto le logge pubbliche.
LAVORO: le Arti inquadravano tutta la catena produttiva, mettendo in relazione con strette connessioni gli interessi delle varie classi sociali.
L’osmosi tra popolo ed élite (politica, culturale ed economica) è la prima peculiarità della città di Firenze che spiega la vivacità intellettuale e l’apertura verso il nuovo.
2. Gli esempi
Il secondo aspetto è la presenza di due modelli eccezionali: Dante Alighieri per la letteratura e Giotto di Bondone per l’arte. Entrambi operarono un primo fondamentale rinnovamento. La Divina Commedia riflette i valori universali tipici del Medioevo attraverso la cultura popolare fiorentina. L’uso del volgare infatti non è una semplice traduzione di un’opera che poteva essere scritta in latino: il linguaggio riflette umori, passioni, tradizioni di una comunità. Ed è questa umanità popolare che entra in contatto con l’alta cultura emanata da un poeta dottissimo. Il suo esempio di contaminazione tra le due culture sarà ripetuto – in forme diverse – sia da Boccaccio sia da Petrarca.
Boccaccio descriverà – per la prima volta – il mondo cittadino in tutti i suoi aspetti, con una visuale laica (non determinata cioè da disegni divini e da visioni morali ultraterrene); Petrarca viceversa ribadisce una visuale “alta” aristocratica, ma dà un apporto determinante lavorando sulla lingua e costruendo, con i suoi ritrovamenti, una biblioteca del mondo classico: Virgilio, Cicerone, Platone, Aristofane ecc. ecc.
Le opere di Giotto introdussero elementi di realismo e umanità nei tradizionali soggetti di ispirazione cristiana.
3. La scuola
A Firenze c'erano molte scuole di base; il numero degli alfabetizzati e di chi sapeva fare i conti era alto per l'epoca (serviva per il commercio e il cambio); le Corporazioni facevano la formazione per i suoi lavoratori. Mancava però una Università di grande prestigio. A Bologna, Padova, Milano, Parigi esistevano influenti istituti universitari, in cui studiavano tutti i giovani dell'alta società italiana. A Firenze fu istituita una scuola universitaria, lo “Studium”, che ebbe scarsa fortuna. Paradossalmente però l’assenza di un centro autorevole in grado di trasmettere la vecchia scienza scolastica favorì lo sviluppo di un modo nuovo di insegnare e apprendere, basato su letture comuni e sulla libera discussione di testi classici originali; furono abbandonate le mediazioni, i commenti e le “glosse” che erano invece lo strumento abituale del sapere scolastico tramandato dalle accademie universitarie e ecclesiastiche.
Importante anche l’oggetto delle dispute. Le opere scelte – Senofonte, Cicerone, Platone – non parlavano di teologia o filosofia, bensì di politica, di governo, di libertà civili, di educazione dei giovani. Uno studio rivolto alle questioni concrete che molto aveva a che fare con le necessità dei fiorentini di relazionarsi con il resto del mondo. “La vera grande università dei fiorentini – scrive Franco Cardini – non è lo Studio, pur tanto incoraggiato dall’arcivescovo Antonino: è il mondo.”
Un nuovo metodo (discussione informale in un convivio o circolo) e un nuovo contenuto (testi classici, opere politiche e civili).
Ad accendere la passione per gli studi classici è il maestro (proveniente da Costantinopoli) Emanuele Crisalora, il quale oltre alle lezioni presso lo Studio, animava le discussioni dei numerosi cenacoli letterari di inclinazione umanistica.
Il più importante di questi circoli letterari era il Convivio di Coluccio Salutati (che si teneva nel convento agostiniano di Santo Spirito). Salutati fu maestro per molti giovani futuri dirigenti – come Bruni, Bracciolini e altri – e soprattutto “fu un ponte tra il mondo degli studi e quello del commercio e della politica”.
Egli fu infatti cancelliere della Repubblica, un ruolo politico di garanzia: una via di mezzo tra il ministro degli esteri e l’ambasciatore, dal 1375 al 1406. Ed applicò la cultura “riscoperta” al mondo in cui viveva. Le sue lettere scritte in perfetto “stile ciceroniano” con riferimenti letterari e storici, con un rigoroso sillogismo servirono da modello a tutte le cancellerie italiane. Si dice che Giangaleazzo Visconti avrebbe esclamato – irritato dall’ennesima corrispondenza con il cancelliere di Firenze – che una lettera di Salutati era più efficace di un esercito di mille lance.
La figura di Salutati e il suo ruolo politico – proseguita da altri importanti umanisti come Leonardo Bruni e Carlo Marsuppini – introducono l’ultimo aspetto legato all’umanesimo fiorentino: il sistema politico.
4. La politica
Firenze ha attraversato il Medioevo controllata da poteri superiori (regni barbarici e poi impero carolingio), durante i quali la città era rimasta praticamente ferma in ogni aspetto. Sebbene nella Divina Commedia Dante faccia l’elogio dell’antica Firenze (per voce del suo avo Cacciaguida nei canti XV-XVII del Paradiso) è con la tumultuosa vita politica autonoma che la città diviene ricca, grande, importante e culturalmente all'avanguardia. Quando il potere politico è ben saldo nelle mani di un regnante – qualunque sia la sua forma istituzionale – la cultura rimane prigioniera in un tradizionalismo inerte. Viceversa la mancanza di un centro forte obbliga allo scambio di idee, allo scontro, all’incontro … si afferma una cultura più tollerante, più concreta, più aperta alle novità; spesso più popolare. Anche se il corpo elettorale era ristretto le testimonianze di una qualche influenza delle persone comuni nei rappresentanti istituzionali sono numerose: nelle furiose discussioni in piazza, nelle dinamiche del commercio e del lavoro, nelle istituzioni di quartiere (parrocchie, confraternite, Arti) ecc.
Il risultato è che a Firenze la diversità di opinione e di credo religioso ha avuto una tolleranza molto maggiore che altrove. Il ruolo di censore della Chiesa è stato ostacolato dalle leggi comunali già a partire dal XIII; i processi per eresia furono pochissimi: nel Trecento i “fraticelli” non furono disturbati dall’autorità (quando catàri e valdesi negli stessi anni conobbero una persecuzione drammatica); la condanna a morte di un presunto stregone sollevò una grande opposizione popolare. Un secolo più tardi, nel 1493, un predicatore francescano, Bernardino da Feltre, si scagliò contro il Comune che permetteva agli ebrei di vivere a Firenze e prestare denaro: fu espulso nel giro di poche settimane.
L'intolleranza antisemita giunge a Firenze in epoca "moderna". Sarà Cosimo I dei Medici, pochi anni dopo aver abbattuto la repubblica, a istituire, nei pressi del mercato vecchio, il ghetto per gli ebrei.
Le personalità di spicco dell’umanesimo fiorentino sono: